La nostra Costituzione all’art 32, II comma riconosce il diritto del singolo a non essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge così come ad oggi manca sia un riferimento normativo che renda obbligatoria la vaccinazione contro il Covid sia una sanzione per chi rifiuta il vaccino.
La norma costituzionale va, però, coniugata con le norme poste per la tutela della salute dei lavoratori.
In particolare l’art. 2087 c.c. impone all’imprenditore l’obbligo di adottare tutte quelle misure che siano idonee a salvaguardare l’integrità fisica e la personalità morale dei suoi prestatori di lavoro.
Tale dettato normativo trova conferma nell’art. 20 T.U.S.L. (D.lgs. 81/08) che impone al lavoratore di prendersi cura della propria salute e sicurezza.
Le soluzioni che il datore di lavoro potrà applicare,in concreto, sarà quella dell’allontanamento temporaneo del lavoratore a rischio che potrà essere reintegrato solo in condizioni di totale sicurezza e se il rifiuto al vaccino non è stato causato da reali patologie che lo rendano a rischio ma da futili motivi, verrà meno la retribuzione.
Vi è, poi, la possibilità di spostare tale lavoratore che rifiuti di immunizzarsi di spostarlo in altro settore adibendolo a mansioni equivalenti o inferiori e se tali soluzioni non siano possibili si potrebbe arrivare ad un licenziamento per motivi oggettivi che potrebbe essere impugnato con contestuale richiesta di reintegro nel caso in cui il lavoratore riuscisse a dimostrare di non essere stato tutelato dal suo datore di lavoro che non avrebbe cercato soluzioni alternative.
In tale contesto è intervenuta la sentenza della CEDU (116/2021) che di fatto ha riconosciuto obbligatoria la vaccinazione in una società democratica sollecitando una legge nazionale che riconosca un risarcimento dei danni alla salute al fine di legittimare la vaccinazione obbligatoria.
Tale sentenza però, è valida solo per le parti in causa ai sensi dell’art. 46 CEDU
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